Afghanistan, anche le attiviste dei diritti delle donne ai colloqui di Oslo con i talebani
Corriere della sera – La 27 ora Elisa Messina
Sono iniziati domenica 23 gennaio a Oslo in Norvegia i colloqui fra i talebani afghani e diplomatici occidentali, anche italiani, sulla crisi umanitaria in Afghanistan, dove milioni di persone sono a rischio fame. La delegazione dei talebani, guidata dal ministro degli esteri, Amir Khan Muttaqi, ha incontrato nella capitale norvegese rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Germania, Italia, Unione europea e Norvegia. Dopo i rappresentanti politici, la delegazione afgana ha avuto oggi il primo incontro con i rappresentanti della società civile, comprese alcune attiviste dei diritti delle donne, per discutere di diritti umani e civili.
L’attivista per i diritti delle donne Jamila Afghani, che ha partecipato ai colloqui di domenica, ha detto all’agenzia di stampa Afp che si è trattato di «un incontro positivo per rompere il ghiaccio». I talebani «hanno mostrato buona volontà… Vediamo quali saranno le azioni dopo le parole».
Hoda Khamosh, una paladina dei diritti delle donne invitata da Kabul ai colloqui di Oslo, ha avvertito l’Occidente che «rimanendo in silenzio o tollerando i talebani, diventa in parte responsabile di questi crimini». Khamosh, prima del colloquio ha mostrato le foto di due attiviste scomparse in Afghanistan: Tamana Zaryabi Paryani e Parwana Ibrahimkhel, sequestrate dalle loro case a Kabul dopo aver preso parte a una manifestazione. Ma i talebani hanno negato qualsiasi coinvolgimento.
Un’altra attivista presente, Mahbouba Seraj, si è detta fiduciosa perché la delegazione talebana le ha ascoltate.
Ma la situazione in patria è difficile e alcune attiviste che da mesi manifestano in difesa dei loro diritti e denunciano la crescente repressione dei talebani non hanno fiducia nei colloqui in corso. «Mi rattrista che un paese come la Norvegia stia organizzando questo vertice e stia facendo accordi con dei terroristi seduti attorno al tavolo», ha dichiarato all’agenzia AfpWahida Amiri, un’attivista che da agosto, quando i talebani sono saliti al potere, manifesta regolarmente a Kabul.
La ministra degli Esteri norvegese, Anniken Huitfeldt, ha spiegato che «queste riunioni non equivalgono a un riconoscimento o a una legittimazione dei Talebani». Ma si rendono necessarie in nome della grave situazione umanitaria: «dobbiamo dialogare con le autorità del Paese. Non possiamo permettere che la situazione politica porti a una catastrofe umanitaria» ha precisato la ministra.