Il coraggio delle donne
La Repubblica 10 settembre 2021 – Cristina Comencini
Sui giornali e in rete scorrono le immagini delle donne più coraggiose del mondo: scendono in piazza nei loro abiti lunghi ma a viso scoperto, davanti a uomini che le odiano e le vorrebbero a casa. Sono bellissime, di tutte le età. Non hanno paura di rischiare la loro vita, non rinunceranno alla libertà che abbiamo conquistato anche noi da sole, come loro. Si discute molto sui giornali se si possa esportare la democrazia.
Si può se esiste un soggetto politico che vuole la democrazia e la libertà, che lotta per conquistarle. Ora sappiamo che esiste: le donne afghane sono il nuovo soggetto politico di domani. Ci potranno volere decenni ma non si arrenderanno. Dopo aver visto il mondo rovesciato, essersi svegliate la mattina con l’idea che rispettare la religione non vuol dire coprirsi dalla testa ai piedi, che non c’è niente di male ad avere un corpo di donna, che sposarsi è una scelta, dopo aver sentito nell’aria del mattino la gioia di raggiungere il posto di lavoro, il banco di scuola, l’amico o l’amica al caffè, il dottore all’ambulatorio, non si può tornare indietro, è successo anche a noi.
Se riesci a salire in alto e guardi giù, senti la vertigine di un nuovo mondo che non ti hanno mai raccontato, che non avevi neanche l’idea che esistesse, quando torni, continui a vederlo così per sempre, non ci rinunci, non ti puoi arrendere. Come non ci arrenderemo noi davanti a una donna fatta fuori ogni giorno da un uomo lasciato, nel nostro Paese dove la democrazia esiste.
I giornali ci raccontano la cronaca dell’ennesima uccisione, i dettagli della violenza, per fortuna non dicono più delitto passionale, ma è raro trovare un’analisi profonda, un vero commento. È diventata una routine. Raro che si mettano insieme i dati e si faccia un ragionamento sulla polizia che non è preparata a proteggere, malgrado la legge che abbiamo fatto passare, su cosa si deve fare, sugli uomini che non possono sopportare di essere respinti, che si scriva per capire fino in fondo l’origine delle cose. Così avviene anche per altri argomenti che ci riguardano. Si parla di calo demografico e non si scrive che è semplicemente uno sciopero silenzioso delle donne italiane, che non possono e non vogliono più essere madri in un Paese in cui la maternità non conta niente, in cui se sei madre non riesci a fare una carriera, in cui la condivisione con gli uomini non è ancora la norma. Anche per le donne afghane si racconta ma non si riesce a inserirle in un’analisi politica. Invece è su di loro che bisogna puntare, non perché sono vittime, ma perché sono la forza che libererà prima o poi l’intero Paese. Le donne sono il soggetto politico nuovo qui come altrove, non chiedono diritti, non sono una minoranza bisognosa, vogliono una società fatta per due e non solo per uno, qui come altrove.
Questa è la questione universale che in stagioni e modi diversi ci unisce tutte, non ci rinunceremo mai e cambierà il mondo, qui come altrove. Le donne sono uccise qui non perché sono deboli ma perché sono troppo forti e gli uomini non lo tollerano. Esattamente per la stessa ragione vengono chiuse in casa e uccise altrove. La forza femminile, così diversa da quella maschile, si farà strada comunque che gli uomini lo vogliano o no. Sarebbe meglio lo volessero e studiassero questo nuovo mondo e ne scrivessero, e si dimostrassero intelligenti e nuovi anche loro, ma se non riusciranno a farlo, non importa, lo faremo noi, da sole, piano ma decise e fino in fondo. Lo stiamo già facendo.