La sentenza sull’aborto Usa e il ruolo della Corte Suprema
Il sole 24 ore 3 maggio 2022
Graziella Romeo*
La Corte Suprema ha votato, a maggioranza, per il rovesciamento dei precedenti giurisprudenziali che riconoscono il diritto all’aborto
La Corte Suprema ha votato, a maggioranza, per il rovesciamento dei precedenti giurisprudenziali che riconoscono il diritto all’aborto (Roe v. Wade e Planned Parenthood v. Casey), rifiutandosi di dichiarare incostituzionale una legge dello Stato del Mississippi che vieta l’interruzione volontaria di gravidanza dopo la quindicesima settimana. Questo, almeno, è ciò che emerge da una bozza della tanto attesa sentenza nel caso Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization che Politico.com ha pubblicato ieri in esclusiva. Per ora non sono giunte smentite ufficiali. La versione della decisione che circola sui siti è redatta dal giudice conservatore Alito e dichiara apertamente che i precedenti in tema di aborto sono “evidentemente sbagliati” perché la Corte si è arrogata il potere di decidere dell’esistenza di un diritto non contenuto nella Costituzione.
Un diritto, secondo la maggioranza del collegio, sul quale si deve pronunciare il Congresso con propria legge e non giudici privi di legittimazione democratica. In molti si aspettavano un ridimensionamento dei precedenti, questa sentenza va oltre, espungendoli come fonti del diritto e quindi basi per decisioni future. Peraltro, il testo utilizza l’argomento democratico, prima ancora di quello morale. Una strategia che segnala forse quanto sia scivoloso, all’interno del collegio, approcciare l’aborto da una prospettiva etico-morale. Non è chiaro chi sia l’autore della fuga di notizie, ma di certo si tratta di un episodio inedito nella storia della Corte. La circolazione di prime stesure è, infatti, sempre avvenuta all’interno del collegio, anche per affinare gli argomenti delle componenti maggioritaria e dissenziente nei cosiddetti “casi difficili”, ma non esistono precedenti significativi di anticipazioni pubbliche di questo tipo.
Perché dunque esporre il lavoro interno della Corte in una vicenda così chiaramente divisiva? La fuga di notizie ha almeno due livelli di lettura. Il primo suggerisce che, all’interno dell’istituzione, qualcuno voglia suscitare una reazione tanto della politica, quanto della società civile. Negli ultimi mesi non sono mancate le manifestazioni, sia di protesta che di sostegno della legge del Mississippi, soprattutto nei giorni della discussione del caso all’udienza pubblica del novembre scorso. E la politica americana ha ampiamente impiegato il tema a fini elettorali. Per i democratici, la difesa del diritto all’aborto ha rappresentato una questione in grado di riattivare il movimento per le donne e di rinvigorire le battaglie per i diritti civili. Per i repubblicani, le posizioni antiabortiste hanno rianimato la destra conservatrice in quegli stati ove la crisi economica aveva reso il reaganismo meno seducente.
È noto, insomma, che si tratti di una questione in grado di spostare molti voti, circostanza particolarmente rilevante nell’anno delle elezioni di mid term, previste per novembre. Il mese di maggio è, del resto, quello in cui si tengono le primarie in moltissimi stati. Conoscere ora l’esito di una vicenda così carica di significati politici e ideologici potrebbe stimolare il voto democratico o galvanizzare quello repubblicano. Della vicenda è però possibile una seconda lettura, meno politicamente orientata, ma altrettanto carica di implicazioni generali. La fuga di notizie potrebbe avere la finalità di suscitare una reazione nelle figure che, all’interno della Corte, possono ancora essere l’ago della bilancia: il presidente del collegio Roberts e il giudice Gorsuch, entrambi dii nomina repubblicana. Si può trattere di una sorta di “ultimo appello” da parte della componente liberal verso due giudici che, per diverse ragioni, potrebbero non essere persuasi dalla posizione del blocco conservatore.
Roberts è noto per il suo pragmatismo e per la sua capacità di tenere il profilo istituzionale della Corte, soprattutto nei frangenti in cui le tempeste politiche ne minano l’autorità. È il giudice che salvò la riforma sanitaria Obama, ferocemente contestata dai repubblicani. Gorsuch, scelto da Trump, si è rivelato una figura di conservatore sensibile al rigore dell’argomentazione giuridica, meno ideologicamente votato rispetto all’autore dell’opinione di maggioranza Alito. Insomma, se la reazione a questa prima stesura, dovesse sollevare polemiche su una Corte fortemente ideologizzata e capace per questo di rovesciare quaranta anni di precedenti consolidati, uno dei due giudici potrebbe essere persuaso a trovare una linea di compromesso. Pur senza il tempismo di alcuna fuga di notizie, a Obama riuscì di spingere il Collegio a scegliere tra la propria credibilità come istituzione e la propria fede ideologica. Non è chiaro a chi sia venuta l’idea, ma potrebbe riaprire una partita che sembrava ampiamente aggiudicata.
*docente di diritto comparato istituzionale Università Bocconi