“Non c’è il tempo pieno per mia figlia: vi racconto perché lascio il lavoro”

Luisa – La news letter de La 27 ora – Corriere della sera – 22 febbraio 2022

Sto addormentando mia figlia di 5 anni, le ho raccontato una favola molto bella, con un lieto fine.
Mia figlia non ha i nonni vicini, ha due genitori che la amano molto, che lavorano tanto e che vivono con un programma organizzativo complicato per riuscire a gestire tutto.
Come spesso accade sono io che prendo lo stipendio più basso, sono una maestra precaria, quest’anno sul sostegno: con dedizione mi occupo dei figli degli altri. Questo è stato un mese di emozioni, nostra figlia cresce, a settembre dovrà iniziare un importante percorso alla scuola primaria. Cerchiamo una scuola statale con il tempo pieno. 

 
Abbiamo fatto anni di scuole private paritarie perché le statali ci lasciavano indietro in graduatoria – per un periodo sono stata disoccupata, quindi per l’istituzione scolastica ciò significa che dovevo stare a casa con mia figlia. Ma come si fa a cercare attivamente lavoro, a studiare per specializzarsi, a portare avanti mille progetti in collaborazione occasionale se ci si deve occupare di una bambina sempre? Non si può. Allora si paga per una paritaria, di stampo cattolico, anche se siamo atei.


Ora il lavoro ce l’ho, precario, ma ce l’ho. Il mio compagno invece – partita iva prima, intermittente dopo – passa le sue giornate a tentare di spiegare negli uffici il suo contratto. No, non sono stagionale, sono a chiamata sì, ma intermittente, no non sono a casa, lavoro in tutta Italia, spesso senza grande preavviso, no i nonni non ci sono, vivono lontani. Partecipo a tutti gli open day on line perché si tratta di mia figlia e non conosco altro modo per informami, non sono di qui e ho pochi amici con figli, non riesco a informarmi da dentro.Agli open day però, ci assicurano che in una delle tre scuole scelte verremo presi per forza. Mi consola, senza tempo pieno non saprei cosa fare, sarei persa, sarei in difficoltà, dovrei compiere delle scelte. Non ci penso. Tanto ci prenderanno, è la scuola dell’obbligo e io sono obbligata a lavorare per vivere. Le indicazioni ministeriali che studio a dovere dicono di inserire tre scelte. Lo facciamo. Non includiamo la scuola del nostro stradario perché non offre il tempo pieno ed è impensabile prendere la bambina tutti i giorni alle 13 perché io potrei lavorare quasi tutti i giorni oltre le 16.Alcune scuole rendono pubbliche le graduatorie intorno ai primi di febbraio. Perché la nostra prima scelta ritarda così tanto? Cosa sta succedendo? Ma non è che poi scopriamo che non ci prendono e le altre due scelte risulteranno piene? No dai, non è possibile, mi dico, sarà tutto automatizzato.Oggi scopriamo che la scuola scelta non ha preso la nostra bambina, scopriamo che la seconda e terza scelta hanno chiuso le graduatorie riempiendo le classi senza tempistiche condivise, scopriamo che «Ah ma conta solo la prima scelta», quando in ogni open day ci è stato detto «Mi raccomando indicate la seconda e terza scelta perché se siete scartati dalla prima, poi rimanete senza posto». Rimanete senza posto.

In effetti rimaniamo senza scuola.Chiamo le segreterie, chiamo il provveditorato, perdo la pazienza, perdo le speranze, perdo le forze. Cosa faccio?Non possiamo permetterci la scuola privata, non possiamo permetterci di iscriverla in una scuola a tempo normale, non posso prendere una babysitter tutti i giorni, non posso lasciare il lavoro. Sono in trappola.Scopro in poche ore che siamo tante, siamo affrante, deluse, preoccupate.In famiglia mettiamo le carte in tavola: io prendo meno del mio compagno. Sarò costretta a rinunciare al lavoro, credo. Sarò costretta a diventare economicamente dipendente. Mi vengono i brividi. Non potrò più insegnare con dedizione ai vostri figli perché nessuno si occuperà della mia.Però, poi, «FATE FIGLI, TANTI». Il peso è sulle spalle di chi guadagna meno, noi donne. Una cosa è certa, mia figlia ha già imparato una grande lezione, se non altro la scuola insegna davvero, non c’è nemmeno bisogno di entrarci, basta guardarla da lontano.