Nascite e occupazione possono crescere insieme

inGenere Letizia Mencarini Daniele Vignoli

I dati mostrano che nei paesi europei si fanno più figli dove le donne lavorano di più. Anche in Italia nascite e lavoro possono crescere insieme in presenza di politiche adeguate

Negli anni della crisi, anche in Italia, una delle principali novità è stata il ruolo del lavoro retribuito delle donne, sempre più decisivo sia per le scelte di formare una famiglia e avere dei figli, che per le condizioni economiche delle famiglie stesse. E infatti, ancora di più dell’occupazione femminile, è salito il tasso di attività femminile (cioè la somma delle donne occupate con quelle che cercano lavoro), arrivato a quasi il 60% nel 2017, segnando un netto calo delle inattive. Contemporaneamente però è cresciuta molto la quota di lavori temporanei (quasi il 20% delle donne occupate ha da almeno cinque anni un contratto a termine), che creano incertezza e rinvio rispetto alla scelta di fare figli. Rimane una forte differenza nell’impegno lavorativo tra le donne dai 25 ai 49 anni senza figli (pari ad oltre il 72%) e le madri di uno o più figli sotto i 6 anni (pari al 55%). Le differenze sono minori, ma superano sempre i dieci punti percentuali, per le laureate e le donne che vivono al Nord (dati Istat). 

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Come leggere la disoccupazione

La Repubblica 6 dicembre 2021 Linda Laura Sabbadini

Molto spesso, vedendo i dati della disoccupazione calare, avrete gioito.Magari pensando, «vorrà dire che l’occupazione è cresciuta». E invece no, non è scontato, comedurante il lockdown, l’occupazione è crollata, e così anche la disoccupazione.Non solo. Occupazione e disoccupazione possono crescere insieme. Come dopo il lockdown.

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Parità salariale, la legge da sola non basta

La Repubblica 27 ottobre 2021 – Chiara Saraceno

La legge sulla parità salariale approvata in via definitiva è un passo importante. Preso atto che, nonostante esistano da tempo norme anti-discriminatorie, le differenze salariali tra uomini e donne persistono a causa di forme di discriminazione nell’attribuzione di mansioni, nei passaggi di carriera, oltre che in modelli organizzativi che rendono difficile a molte donne partecipare alla vita dell’azienda, la legge allarga la nozione di discriminazione diretta e indiretta già contenuta nell’articolo 25 del decreto legislativo n. 198/2006 per includere, appunto, anche atti di natura organizzativa, o che incidono sull’orario di lavoro, che possono mettere in una posizione di svantaggio e impedire di partecipare pienamente alla vita aziendale e di essere considerate per una promozione.

Occorre quindi evitare, per non essere sanzionati, di mettere in atto quei trattamenti – orari di lavoro impossibili, riunioni fuori orario di lavoro, in generale condizioni lavorative che, “in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive”, pongono o possono porre la lavoratrice in “posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri” addetti, che generano “limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali” e creano ostacoli riguardo ad avanzamento e progressione nella carriera.

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